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Dopo più di cento anni dalla nascita del cinema, possiamo constatare quanto la "decima musa" abbia trasformato la nostra visione del reale, portandoci ad applicare, nel nostro modo di vedere e quindi di captare i segni della realtà fenomenica, una serie di schemi figurativi e mentali che ci vengono direttamente dalla nostra frequentazione cinematografica. Si tratta di un nuovo rapporto fra l'uomo e la realtà che si basa sull'impiego massiccio delle immagini. Con le due opere Immagine Movimento e Immagine Tempo, Gilles Deleuze è tra i filosofi del secondo '900 che maggiormente hanno indagato dal punto di vista filosofico questa nuova condizione conoscitiva e interpretativa del reale. Secondo Deleuze, infatti, la filosofia è una disciplina che consiste proprio nel creare concetti nuovi: non un'indagine che preesiste al proprio campo di investigazione, ma, al contrario, un'attività che prende forma e si sviluppa a contatto dei propri oggetti. In questo senso, si può affermare che Deleuze si è lasciato provocare dal linguaggio cinematografico ricercandone le chiavi concettuali e le forme espressive, inaugurando così un nuovo modo di pensare il cinema. Il presente volume intende presentare alcuni aspetti dell'originalità di questo incontro tra filosofia e cinema.